Chiedo scusa, riaprirebbe la bara?

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Purtroppo quando c’è vita c’è anche morte, inutile far finta che non esista o parlarne sottovoce. Non serve a niente. Il problema, piuttosto, è il funerale. Avete presente il film Il funerale è servito del 2010 diretto da Neil LaBute? Alla morte del patriarca, una famiglia si riunisce in occasione del funerale, che diventa ben presto lo scenario di vecchi conflitti e rancori familiari. Ordinaria amministrazione.

Parenti e amici apprendono con tristezza la perdita di un proprio caro. Chi è lontano si farà sentire con poche righe scritte su un bigliettino bianco o con un telegramma, i più vicini si stringeranno attorno alla famiglia, aiutandola eventualmente nelle varie incombenze burocratiche e organizzative, come ad esempio prendere i contatti con l’impresa funebre o con il parroco per definire giorno e orario della Messa. Volendo si può anche inviare una corona o un cuscino di fiori, salvo diversa volontà del defunto.

A un funerale non si viene invitati, si partecipa se lo si ritiene opportuno, senza avviso. Si può fare visita al defunto nella camera ardente, per pochi minuti, salutando i congiunti con un cenno del capo. Al vedovo viene riservato solo un abbraccio o una stretta di mano.
Ah, il povero vedovo che per l’occasione ha indossato un doppiopetto blu con bottoni dorati degno del capitan Schettino! Così addolorato da essere felice quando in chiesa ritrova quel vecchio amico che non vedeva da tempo e che gli doveva un caffè! «Poi ci vediamo al bar, okay?», urla dall’altra parte della navata, nella speranza che tutto finisca il prima possibile (anche perché deve andare a preparare la valigia alla suocera, mica penserà di vivere ancora sotto lo stesso tetto!?)
Bar?! Oddio, il rinfresco al termine della cerimonia e della tumulazione! Il vedovo si ricorda che deve tornare quanto prima alla camera ardente. Fa riaprire la bara e rovista sotto il lenzuolo viola finché non ritrova ciò che gli serve. Quegli incapaci di becchini! La sua rosa rossa con tanto di nastro commemorativo stava per finire sottoterra assieme alla sua sposa, laggiù al buio dove nessuno avrebbe potuto ammirare la sua ultima (o prima?) dichiarazione d’amore! Il suo posto, ovviamente, è sul tavolo del ricevimento, al centro, ben visibile a tutti.

E che dire di quella signora dall’abbigliamento eccessivo e dagli accessori con loghi in bella vista che porta nella sua borsa il chihuahua che, chissà per quale motivo, non poteva lasciare a casa per poche ore?
Insomma, che lo vogliamo o no, anche il funerale ha le sue regole.

L’annuncio di morte va effettuato dalla persona più vicina al tramite telegramma o telefonata. Nell’annuncio si eviteranno forme elogiative pompose. Chi si unisce al lutto non espone i propri titoli.
Le persone non vanno assolutamente invitate a un funerale. Ognuno decide a propria discrezione il da farsi: inviare un telegramma, una lettera, un biglietto o una corona di fiori appropriati (il fiorista darà i giusti consigli) oppure partecipare personalmente al dolore dei familiari.
Chi prende parte a un funerale deve vestire in modo sobrio, non necessariamente di nero, colore riservato invece ai parenti più stretti (c’è di buono che oggi non è più obbligatorio portare lutto e mezzo lutto per mesi e mesi), ma comunque in scuro. La famiglia del defunto può indossare gli occhiali scuri, le donne il cappellino o un velo di pizzo, gli uomini la cravatta nera.
Se al funerale si presenta una persona con cui c’erano dissapori, si farà finta di niente. È proibito lasciare il funerale a metà: il feretro va accompagnato fino in fondo.
L’atteggiamento sarà ovviamente discreto e silenzioso.
I biglietti usati per porgere le condoglianze o per i ringraziamenti da parte dei familiari sono di solito bianchi con una riga nera posta trasversalmente.
A trenta giorni dalla scomparsa, la famiglia può anche fare dire una Messa a ricordo del defunto.

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